Fronzoni bar
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30.10.03
 

L'altra notte ho fatto un sogno: Aidan saliva sul palco con cornamusa e kilt, tracannava un boccalone di Ossian's Ale urlando "Ah never goat ma check fae the broo in Glasga! ah'm fuckin beelin, so ah um" e poi attaccava Fucking Little Bastards.
Stasera è la sera.

scritto da Simone | 15:15


 

sanità cannibale
mi arriva questa mail
Caro Saimon, non me l'hanno raccontata giusta sull'intervento di sta fottuta gamba, doveva essere una scampagnata a sentirte loro invece è stata un intervento durato +
di due ore, con relativa anestesia spinale e ascolto in diretta di tutte ben 31 fra smartellate e scalpellate per rimuovere la vecchia protesi ( dopo 17 anni ho preteso di averla me l'hanno pure confezionata in sacchetto sterile ), anpeggio ancora... non ti racconto i dettagli mi sono raddrizzati i peli del c.... anche dopo la depilazione, la cosa peggiore è stato ascoltare i medici mentre ti operano. Sai mia moglie vuole la y nuova, da parte mia preferisco il nuovo modello della defender. altro medico: o era quella bella gnocca dell' anestesista ma sai io vorrei aquistare la nuova Panda 4x4, risposta stavolta del paziente che non lo è più, i en do machini da poff. risata generale e se dio vuole ci si mette a parlare di vini, non ricordo il nesso fra auto e vini ma chi se ne frega, sono gli ultimi punti e poi in corsia con in mano il trofeo protesi vecchia non si cambia......... mo ora ci posso anche schersare ma le steda dura. Saimon quand te ghe temp vinen a cater, Mauri


Eccerto che ti vengo a trovare, Mauri. E mi raccomando, in gamba, che è proprio il caso di dirlo :)

scritto da Simone | 12:35


 

empty space
to fill an empty place
everything I see
is meaningless to me
if it's how you feel, then it's real


salivazione azzerata, bocca semi aperta, gli occhi si riempono di umori per un sacco di motivi, primo tra tutti che non hai voglia di chiudere le palpebre.

keep close your eyes on me
As I go, darling lost me


a 15 anni ascoltavo musica che mi schiantasse a terra facendomi rotolare. Chè mi schianti, chè mi scerpi? mi chiedevo ascoltando per ore. Poi si cresce certo, e c'è l'attitudine da critichino rompicoglioni che va a sostituirsi a quella puramente emotiva ed emozionale. Poi regredisci e ti ritrovi di nuovo schiantato a terra (e per fortuna che hanno rimesso il tappeto)

but You should be here with me
I know you are near


I Devics, gesucristosantissimo, la voce di Sara Lov ti entra nelle narici, nelle orecchie, arriva allo stomaco e lo fa esplodere. Un susseguirsi di ninna nanne, di Canti della Dolce Morte. Ieri sera erano solo in due, più che sufficienti per radere al suolo un'intera casa. Basta una voce, basta un piano o una chitarra, davvero. E' impressionante quanto poco basti per far esplodere tutto.

you're right
you're right
you're right
so just leave me alone


Lei si muove come una bambolina spastica di un carillon rotto, rompe e spezza la voce attraverso un piccolo megafono. La drum machine la usano per ricreare il fruscio della puntina sul vinile. Jacques Brel in acido accompagnato da un Morricone da piano bar anni '40.

but memories fade and so did yours
you know it doesn't matter anymore

scritto da Simone | 12:23


26.10.03
 

Alle pareti ci sono i disegni delle pin-up transgender di Baldazzini. Cavolo, Baldazzini a Milano, penso, chebbello.
Saluto con un abbraccio il DiEgoKid e pure M., dio, come stai, eh? In gran forma.
Un sacco di tempo che non li vedevo.
M. dopo un po' saluta perchè va con altri suoi amici al Rocket, D. dormirà a casa sua, così lo segue. Io rimango col DiEgoKid che mi darà a fine serata uno strappo fino a casa.
Questa cosa di dipendere o dai mezzi o da altri per gestirmi gli spostamenti in città mi sta proprio sulle balle, ma tanto presto arriverà Rebecca a Milano e spero proprio di non avere più problemi di questo tipo.
LaCueva ha sedili delle macchine al posto di sedie e divanetti, sui tavolini ci sono i fumetti della Topolin, mi metto a sleggiucchiare l'eccezionale Brian the Brain di Martin. Sembra la sala d'attesa di un dentista feticista controculturista.
Nel frattempo nella saletta del dj la gente balla mimando scenette sadomaso sotto la doccia con cordicelle e sciarpe.
Faccio due chiacchiere col DiEgoKid, il giorno dopo andrà col gruppo a Bologna, a radio città103 a suonare qualcosa in trasmissione dalla deficiente. Mi dice che gli è bastato parlarci al telefono un paio di volte per capire che la tipa era una deficiente. La conosco, gli dico, hai ragione: non capisce un cazzo.
Mi presenta a un po' di gente, nel giro di cinque secondi ho già scordato tutti i nomi.
Passa This Charming Man in una versione mai sentita, passano i Belle&Sebastian, il DiEgoKid ritorna a metter su i dischi arrivando al culmine delle selezioni con The Reflex dei Duran Duran (gli anni '80, eh?). Fuori fa un freddo cane. Ormai sono le tre passate, poca, nessuna gente lungo i navigli, solo qualche macchina.

scritto da Simone | 14:11


 

Crooked Fingers è un ragazzone grande e grosso, che quando batte i piedi sul palco fa vibrare i nostri gin tonic sul tavolino. Nelle sue manone la chitarra elettrica sembra un giocattolo, e c'è da chiedersi come faccia a suonare il piano senza prendere per sbaglio tutti i tasti, eppure è capace di tirare fuori pezzi estremamente malinconici e lirici, che davvero poco si adattano alla stazza da scaricatore di porto del ragazzo. Un seguirsi di basi fatte con la drum machine e coretti delle Azure Ray, per poi cedere il posto alle due ragazze di casa Saddle Creek.
E minimale è l'unica certezza. Scompaiono tutti gli archi e le sovraincisioni presenti su disco e rimangono solo loro due con le loro voci appena appena sussurrate e le chitarre appena appena sfiorate. Bachmann ogni tanto le accompagna al piano.
D. le trova finte, troppo impostate e compiaciute della loro attitudine sad&loser. Certo, come no: lo conosco troppo bene, e semplicemente dopo quello che gli è successo lui stasera si sente l'unico in dovere di essere sad&loser, ma faccio finta di nulla, perchè in fondo stasera ha il diritto di sentirsi da schifo vantandosene (??) con gli altri.

A concerto finito riusciamo a scroccare un passaggio per LaCueva, dove ci stanno aspettando M. e il DiEgoKid che mette su i dischi.

scritto da Simone | 13:33


 

Da piazzale Corvetto a Piola sulla canna della bici del DiEgoKid, mi piomba in casa D.
Casa mia è un bordello, ero partito con le migliori intenzioni per dare una sistemata a tutto approfittando dell'assenza dei coinquilini. Mi deprimo guardando le condizioni
a) della mia scrivania ("molto webdesigner", mi fa D., come dire ma come cazzo fai a lavorare con tutto 'sto casino)
b) del piano cottura della stufa
c) del frigorifero.
e così lascio perdere le buone intenzioni.
Chiedo a D. che fine ha fatto il suo appuntamento. E' una domanda retorica, ovvio. Si sente ostracizzato da Milano, ma ormai è qua, e quindi tanto vale...
Lo lascio al pc mentre vado a farmi una doccia. Sento partire Crushed on you, scuoto la testa e mi ficco sotto la doccia.

Usciamo di casa. e lui mi dice che in fondo vorrebbe solo una relazione normale, come tante altre, come quelle degli altri, mica chissà cosa.
Non so cosa dirgli, mi esce solo un scordatelo, ridendo, non siamo capaci. Comunque inadatti.
Cena da pezzenti con un paio di focacce da asporto e viaggio da signori in taxi fino in via Ripamonti. Gli autobus hanno appena finito lo sciopero, si rischierebbe comunque di arrivare a concerto già iniziato.

scritto da Simone | 13:12


22.10.03
 

Alla Casa139 stasera iniziava la rassegna acusticamente. Alla Casa139 stasera c'era Terje Nordgarden, norvegese ma a quanto pare bolognese d'adozione, con la sua chitarrina acustica e le sue canzoncine che non fanno male ma ti scorrono sopra e scivolano via accarezzandoti. Si potrebbe discutere di questo, che in fondo il cosiddetto new acoustic movement non sia più di moda da almeno tre anni, che forse non lo è nemmeno mai stato, di moda. Ma chissenfrega.
Terje canta di piccolissime cose, e nonostante le influenze roots, i citazionismi buckleyiani, è maledettamente e schifosamente pop. E questo ci piace un sacco. Terje si racconta tra una canzone e l'altra, in perfetto italiano, nascosto dalla sua coppola e dagli occhiali:
"Spiego un po'. La seconda canzone non è stata pubblicata, ma sta bene con la prima, perchè parlano...la prima di quando la ragazza che ti piace non ti vuole, e la seconda di nostalgia, del ricordo di quel piccolo momento che...(sorride) andiamo avanti."
I tavolini con le candele accese sono tutti pieni, la Casa139 è piccola, non ci sta tantissima gente, vado al bar a prendere una birra e il barista mi fa, senti che silenzio, sembra di essere al cinema.
Terje continua, con ballate lente e tranquille che poi si impennano veloci e rabbiose, o con beat secchi e blues che poi si addolciscono in leggeri arpeggi. Ci sta pure una cover dei Grant Lee Buffalo (eh, sì, sono passati dieci, dieci cazzosissimi anni da quella canzone, caro A.) e fra una pezzo e l'altro un po' di chiacchiere, di FA che diventano SOL e si incasina tutto, della disperazione, ma poi ride e tira fuori la lingua e scuote la testa. Il pubblico fa sìsì con la testa, fa anche cosìcosì, sempre con la testa, alcune ragazze che non hanno trovato posto a sedere piegano su e giù le ginocchia e ondeggiano a ritmo, le braccia lunghe distese sui fianchi.
E' una serata bellissima, dice al microfono, e ha ragione. Ci dice che adesso suonerà una canzone vecchia di due anni ma che non ha mai fatto dal vivo, racconta di quel giorno quando lui era a Bologna e gli arriva una telefonata da sua mamma, in Norvegia. La mamma gli dice che il nonno è morto. La canzone è per suo nonno morto.
Penso alla venticinquesima ora, quando la studentessa si lamenta con Philip Seymour Hoffman per il suo voto, per il suo B- quando a un altro ha dato A+ per un racconto sulla nonna morta. Tutti scrivono della nonna morta, anche se a nessuno frega un cazzo, perchè in fondo le nonne fanno proprio questo, muoiono, e nessuno si aspetta che facciano qualcos'altro a parte morire.
Penso che in fondo tutta l'indietudine stia proprio in questo, nel fare e dire cose di cui non frega un cazzo a nessuno a parte qualche sfigato, nel dirsi disperati e poi riderci su, e quindi, sì, Terje, canta pure del nonno morto: sono il tuo disadattato e sono tutto orecchi, perchè solo in questo, solo in questo ritrovo ciò che mi appartiene e mi identifica. Mi ricordi perchè ascolto musica e vado ai concerti, e posso dire che stasera tutto è perfetto e intoccabile. Nonostante tutto.
Dopo un Covo e un Tunnel, finalmente una Casa (ma il Covo anche se covo, o forse proprio in qualità di covo, è comunque rifugio agognato e desiderabile, e rimane il Covo).
Venerdì si replica con le Azure Ray.

scritto da Simone | 02:53


21.10.03
 

Mi sveglia alle sei emmezza, accendendo tutte le luci a portata di mano. Dobbiamo partire presto, prestissimo, altrimenti si rischia di trovare coda a Bologna, e una volta a Bologna di non riuscire a trovare parcheggio. E' domenica e io sono in piedi alle sei emmezza, ho dormito non più di tre ore.
Ma lui ci teneva, e l'avevo già capito quando due settimane prima mi portò a casa una mazzetta di ingressi omaggio. "Quest'anno siamo in fiera" mi ha detto mentre mi faceva vedere la mazzetta.
Io non avrei nessun motivo particolare per andare, ormai le mie scelte mi han portato da tutt'altra parte. L'ultima volta ero ancora un architetto wannabe, e me ne ero tornato a casa con sporte piene di inutili cazzate, pezzi di sughero, polistirolo espanso, guaine impermeabilizzanti, pure un paio di mattoncini. Mi dovevano servire per un esame di tecnologia.
Ma adesso proprio non so perchè dovrei andare al SAIE.
Mio padre intuisce qualcosa dal mio sguardo e si affretta a dirmi che hanno allargato il padiglione dei plotter e dei sistemi CAD/CAM. Cazzo, ci tiene davvero, e così sorrido, dio, è così prevedibile, e dico va bene, andiamo.
Lui si è tenuto la domenica libera apposta, l'unico giorno in cui non è costretto a fare rappresentanza allo stand dell'azienda per cui lavora. Stampi per prefabbricati in cemento armato. Quando ero piccolo pensavo che fosse un lavoro bellissimo, quello di mio papà: doveva progettare degli stampini, poi degli altri signori buttavano dentro questi stampini il cemento liquido e dopo un po' venivano fuori i blocchi di cemento solido. Mio papà faceva gli stampini.

Arriviamo prestissimo, ci mettiamo in coda con gli altri espositori. Mio padre saluta e scambia battute con suoi ex-colleghi, fornitori, clienti, 'giorno ingegnere, oh Grossi-ma-che-cazzo-ci-fa-oggi-qua? Sono venuto a fare un giro con mio figlio. Presentazioni, strette di mano. Mi sono anche vestito bene perchè sapevo che sarebbe andata così.
Vaghiamo per la fiera, io ormai ho rimosso quasi tutto di quel mondo, non mi appartiene più, mi vengono dei pensieri natrualissimi, banali, come il pensare quanto sia stata importante l'influenza di mio padre in certe mie scelte passate, e come possa io averlo deluso quando decisi di mollare tutto. Eppure adesso stiamo camminando fianco a fianco e parliamo di questo cemento autocompattante che a quanto pare non ha neppure bisogno di essere vibrato, di giunti e cerniere verticali, di quanto sia buono e dolce l'odore del legno, così, per tutta la mattina.

Allo stand della sua azienda, chiede al suo principale se i ragazzi si son fatti vedere, gli aveva dato i biglietti apposta. Ma, no, non si è fatto vivo nessuno dell'azienda a parte tre operai. Sul viso di mio padre scende un'ombra di delusione e incazzatura. Fra due anni andrà in pensione, si ritrova un intero ufficio tecnico da gestire ma sa che non ci sarà nessuno pronto a sostituirlo. I ragazzi di cui parlava erano quelli dell'ufficio tecnico, ragazzi della mia età o poco più. Mi guarda e mi dice andiamo, torniamo a casa.

scritto da Simone | 08:02


16.10.03
 

That Joke Isn't Funny Anymore

You are "That joke isn't funny anymore.". You go through life feeling mostly disappointed at the way things have turned out. You don't understand why the world is so cruel, but you deal with it in the best way you know how. People don't understand why you do the things you do. You should probably chill out, though, and remember that things are never as bad as they seem.

scritto da Simone | 20:26


12.10.03
 

Back to the future I



Oddio, ma...
perchè faccio fatica inizialmente a rendermene conto, a focalizzare la voce, le note, conosciute, sì, ma distanti nella memoria. Ci guardiamo e cominciamo tutti e due a ridere e a scuotere la testa. Una risata isterica, le mani sugli occhi, sulla testa.
Oh, cristo, i Gene.
Mi sdraio sul letto a guardare il soffitto.
Chiudo gli occhi e comincio a sussurrare seguendo la voce di Rossiter

Give me something I can hold
With that something I will grow
Make me crazy with your arms
It's all gone hazy, it's all gone wrong
Olympian, framed by God
So bring me water to cool off.


chiedendomi cosa in fondo sia cambiato da allora.


Back to the future II



Sto cercando di riportare ordine in una delle colonnine dei CD, tutto è mischiato e incasinato, senza criterio. Trovo dei dischi di mio padre che parevano persi e che non si riuscivano a trovare più (roba di Battiato e DeAndrè), diversi CD-compilation dai nomi evocativi tipo "radio1" "radio-oh!" "dancedancedancetotheradio" e "cd radio qualcosa" che masterizzavo quando avevo il programma in radio per evitare di girare sempre con uno zaino pieno imballato. Trovo due custodie video8 vuote, una con la più che esplicita etichetta VUOTO!.
Nella parte interna dell'altra, invece a penna c'è scritto questo:

CONFESSIONI

DI

UN FALLITO DI


MERDA


(CIOE' IO)



e la calligrafia è mia, non c'è dubbio. Solo che non ricordo di aver mai fatto quelle riprese. Non ho idea di dove sia finita quella cassetta e soprattutto cosa diavolo ci sia in quella cassetta. Il titolo è evidentemente rubato alle Confessioni di un artista di merda di Dick, e quindi il periodo sarà più o meno quello della sua lettura. Comincio a rovistare dappertutto per ritrovare l'Hi8 e realizzo che il caricabatteria della videocamera è rotto, tutte le batterie a terra. Anche se la trovassi, la cassetta, non riuscirei comunque a vederla. E forse è meglio così.


Back to the future III



Pare che in Canada il primo giorno di scuola materna le maestre consegnino ai bimbi il seguente materiale didattico:
- Un batuffolo di cotone, per ricordare loro che la classe è morbida e accogliente;
- Un adesivo, per ricordargli che devono essere uniti tra loro;
- Un filo d'oro, perchè l'amicizia lega cuori e pensieri;
- Un fazzolettino per aiutare chi piange;
- Una caramella a forma di salvagente, perchè ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarli;
- Una gomma, perchè è normale sbagliare;
- Uno stuzzicadenti per stuzzicare le buone qualità;
- Una stellina che luccicherà di più ogni volta che cercheranno di dare il meglio di loro;
- Un penny, perchè ognuno è unico e speciale;
- Una candelina, per festeggiare le cose nuove che si imparano;
- Un cioccolatino, perchè in quell'aula tutti si vogliono bene.
(da un articolo di Vivian Lamarque su Sette)

Ecco, a parte un unico dubbio (ma il cioccolatino e la caramella potranno mangiarseli o li dovranno custodire per tutta la durata della scuola?), se fossi un bimbo un po' li invidierei, i canadesi. A pensarci bene, non solo se fossi un bimbo.

scritto da Simone | 15:59


 

ATTO I

Interno sala da pranzo, un tavolo, un divano. Di fronte al divano, televisore acceso. Sullo sfondo una finestra. Porta a sinistra

Scena I
Figlio, Madre

Al levarsi della tenda, Madre è sola, seduta sul divano e guarda la tv. Poco dopo, entra Figlio dalla porta

MADRE (sollevando appena lo sguardo in direzione di FIGLIO e continuando poi a guardare la tv) Beh? Cos'è quella faccia da depresso?
FIGLIO (evidentemente stupito) Si vede così tanto?
MADRE (continua a guardare la tv) Le tue solite cose da sfigato, vero?
FIGLIO (si irrigidisce, è la prima volta che sente quella parola, SFIGATO, detta da sua madre. O almeno, è la prima volta che glielo sente dire rivolto a lui) Già.

Figlio esce dalla porta. Madre rimane seduta sul divano. Fa per cambiare canale. Sipario.

scritto da Simone | 15:58


8.10.03
 

Ci sono le conferenze sull'Islam fino a mezzanotte alla biblioteca di San Donato, con le bestemmie di un odc. Ci sono i caschi di A. e i vabbè quando torno passo a prenderti dal lavoro che i caschi sono ingombranti e già mi chiedo come farò a portarli a Milano. Ci sono le ultime pratiche con la segreteria dell'università, e le bollette da pagare, anche, in premeditato ritardo. Ci sono le chiacchiere con un amico lontano, e si finisce a parlare di Means e di quanto siano belli i suoi racconti e che quelli nuovi saranno ancora meglio ascoltando in sottofondo il nuovo splendido disco dei Do Make Say Think, se fosse un altro momento mi verrebbe da dire che è solo l'ennesimo disco della Constellation, ma invece adesso è proprio quello che mi serve. C'è la lista dei film che vorrei vedere, nonostante la consapevolezza che D. mi dirà visto visto visto li ho già visti tutti. Ci sono i fondali che potrebbero essere tendenti ad uno stile fotografico sbiadito, cioè fondali non fumettosi, più realistici, ma con nuancesisesis (sic) tenui e poco vivaci.

Manca tutto il resto.
Non c'è la tranquillità, non c'è la serenità, non c'è niente. Non riesco a sublimare, non riesco a trovare pace in tutto quello che di solito ci riesce, cose, sì. Cose. "Qualcosa da afferrare".
Ma non c'è niente da afferrare, e nessun appiglio.
Ancora una volta e poi basta. Ancora una volta eppoi BASTA.
E poi? "E adesso"?
Solo, il silenzio. Toglietemi il silenzio e datemi del rumore, qualsiasi cosa, purchè mi riempia la testa, purchè non mi faccia pensare.
Sentire, dire, fare , baciare, lettera e testamento. Sentire. Poi per il testamento ne riparliamo.

scritto da Simone | 15:41


3.10.03
 

Oggi ho venduto la mia Washburn con la paletta taroccata. il prezzo del tradimento 70 euro. Mi arriva un messaggio di M.: sto partendo now da Verona. Smetto di fare quello che stavo facendo e prendo la custodia a zainetto con scritto su Notari-Modena. Tiro fuori la chitarra e mi concedo un'ultima mezz'ora tiratissima, disperata, incazzata.
E'l'ultima volta che la prendo in mano.
Sul corpo c'è ancora l'adesivo dell'AAA -Associazione Astronauti Autonomi-, è consunto, ormai nè piu rosso nè grigio nè niente, un colore indefinito in cui ancora si intravede il motto "Anche tu astronauta!". Ho deciso che l'adesivo non lo tolgo, che ormai fa parte della chitarra e della vita della chitarra.

Su quel pezzo di legno con le corde ci sono passate versioni abominevoli e insensate di Lithium dei Nirvana, di Grace di Jeff Buckley, qualche pezzo degli Smiths. Nell'incapacità totale, sono trascorse pure le note di American Jesus taaatataraaaatataraaaatataratatà, gli Unbroken, i Gorilla Biscuits e gli Snapcase, perchè tanto io fagocitavo tutto e lo vomitavo sguaiatamente e senza criterio sulle corde. Volevo fare gli Slowdive, ma non avevo delay nè flanger, nessun effetto, solo la cazzo di distorsione, e quindi niente Slowdive. Poi ho capito che le cover non facevano mica per me, che tanto non ero buono a suonare i pezzi degli altri, e mi sono messo a suonare roba mia a casaccio, senza inizio e senza fine, così tanto per suonare e per sfogarmi un po'.

Sulla Washburn ci sono passati i primi Ciprina quando non si sapeva ancora che razza di gruppo era e chi ci suonava dentro e stava nascendo il canale di Suez.
Nella stessa saletta, quella dove a pennarello sul muro qualcuno aveva scritto Ayrton è morton e poi qualcun altro sempre a pennarello aveva sottoscritto il profondo pensiero con una madonna, la Washburn ha pure visto la nascita del gruppo-emo(oldskool arrabbiato e urlato e disperato, ovvio, si era nel lontano '94/'95 se non ricordo male, e noi si era arrabbiati e disperati. Tutti tranne il Bretone, che il Bretone nessuno l'ha visto mai incazzarsi, ma sempre con la sigaretta in bocca, tranquillo tranquillo a borbottare i suoi eh e mah e bah)-tipo-Julia-merda-i-Julia-quanto-sono-fighi. Poi la saletta ha chiuso, e noi non avevamo batteria -era della saletta-, basso -era della saletta-, ampli per il basso -era della saletta-, microfono -era della saletta- e ampli per microfono -era della saletta-.

Le sue corde hanno vibrato ai colpi di cassa e rullante smazzolati a casaccio da Popoli a casa di Popoli nella saletta autogestita/autoinsonorizzata/autotutto di Popoli. Ad accoglierci c'erano sempre i cagnetti di Popoli, che quasi toccavano terra ed erano lunghi piu o meno una spanna. Salivamo le scale e c'era lui ad aspettarci inginocchiato per terra con una scopa in mano e ci diceva "Pentitevi, pentitevi! Ho detto: pentitevi!" oppure "Guardate Cristo" o "Guardate la Madonna". Sempre con la scopa in mano.
Dopo il pentimento si cominciava a suonare e Popoli mi guradava come per dire ma fai proprio cagare, e io abbassavo lo sguardo, facevo spallucce e ammettevo che aveva ragione, ma tanto te non vai a tempo, o meglio, vai per un tempo tutto tuo, così siam pari.

Poi siamo rimasti solo in tre, e nessuno suonava la batteria e tutti avevamo una chitarra. Facciamo un gruppo a tre chitarre, definendoci spavaldamente indie-postrock. Dopo aver fatto ascoltare le prime registrazioni a un paio di amici, mi fu fatto notare che l'etichetta migliore per definirci sarebbe stata piuttosto quella di indispost-rock. A tutt'oggi, confermo.
C'è da dire che comunque io e Gomez ce la intendavamo a meraviglia, soprattutto perchè nessuno di noi aveva voglia di mettersi lì a buttare giu un qualsiasi tipo di struttura e così improvvisavamo alla bell'e meglio su quello che facevamo. Cinque minuti di cacofonie dissonanti e fastidiose e trenta secondi di perfezione assoluta, di intrecci che venivano da chissà dove e che valevano tutto il casino inutile dei cinque minuti prima.
L'unico problema era che poi nessuno dei due si ricordava quello che aveva appena suonato, e così tutto era destinato ad una temporalità unica e irripetibile. Intanto il Bretone fumava e diceva mah.

scritto da Simone | 18:54